Trattamenti chirurgici delle emorroidi

Trattamenti chirurgici delle emorroidi

Se le emorroidi di I grado richiedono in linea di massima solo una terapia medica, quelle di Grado II e III sono invece candidate all’intervento chirurgico in casi severi o qualora il trattamento farmacologico non dovesse rivelarsi sufficiente. Nel caso di emorroidi di IV grado, il trattamento terapeutico prevede invece l’intervento chirurgico.

Di seguito i trattamenti chirurgici delle emorroidi più comuni.

Terapie mininvasive per il trattamento delle emorroidi

Se in un’emorroide esterna si è formato un coagulo di sangue, il medico può eliminare il coagulo con una semplice incisione, manovra che può procurarvi un immediato sollievo.

In caso di emorroidi sanguinanti o dolorose, il medico può raccomandarvi una diversa procedura (tra quelle indicate di seguito). Si tratta di trattamenti che si possono praticare in ambulatorio.

  • Legatura elastica. 

Può essere molto efficace nel ridurre i sintomi delle emorroidi di I, II e III grado. Il medico sistema uno o due elastici sottili intorno alla base di un’emorroide interna per ostruirne la circolazione del sangue. L’emorroide si secca e cade nel giro di una settimana. Questa procedura funziona in molti casi, ma può produrre qualche effetto indesiderato, raramente grave, per lo più fastidio e sanguinamento, che possono cominciare 2-4 giorni dopo la legatura.

  • Iniezioni sclerosanti. 

Il medico inietta una soluzione chimica nell’emorroide per ridurne il volume. L’iniezione non è dolorosa, ma può essere meno efficace della legatura elastica.

  • Coagulazione (a infrarossi, con laser o bipolare). Sono diverse tecniche di coagulazione, che utilizzano la luce infrarossa, il laser o il calore. Possono essere efficaci come la legatura elastica nelle emorroidi di I e II grado. Provocano l’indurimento e il raggrinzimento delle piccole emorroidi interne sanguinanti. Danno pochi effetti collaterali, ma comportano un maggior tasso di recidive rispetto alla legatura elastica.

Emorroidectomia tradizionale (asportazione emorroidi)

Le tecniche chirurgiche tradizionali prevedono l’asportazione delle emorroidi (emorroidectomia).

Le ferite anali possono essere lasciate aperte e la guarigione avviene mediamente in 40 giorni; alternativamente le ferite possono essere ricucite e la cicatrizzazione avviene più rapidamente.

Queste tecniche tradizionali provocano in genere molto dolore intraoperatorio. Infatti, l’ano è una delle regioni più sensibili di tutto il corpo.


Per asportare le emorroidi sono stati proposti diversi strumenti che utilizzano energie diverse: laser, bisturi elettrico e, più recentemente, strumenti di taglio e coagulo con tecnologia bipolare.

Esistono due tipi principali di interventi chirurgici tradizionali: la tecnica di Ferguson (emorroidectomia chiusa) e, più di frequente, la tecnica di Milligan e Morgan (emorroidectomia classica aperta).


Entrambe si basano sul razionale della rimozione del tessuto emorroidario prolassato.

La tecnica di Ferguson, meno diffusa, prevede l’asportazione delle emorroidi (gavoccioli emorroidari) e la riparazione delle ferite anali con suture.
Anche la tecnica di Milligan e Morgan si basa sull’asportazione chirurgica delle emorroidi, attraverso la rimozione dell’eccesso di tessuto responsabile di emorragie e prolasso, ma le ferite mucose sono lasciate aperte per permettere una guarigione spontanea mediante granulazione, per cosiddetta “seconda intenzione”.

Dearterializzazione emorroidaria transanale

La dearterializzazione emorroidaria transanale è una tecnica che prevede l’individuazione delle arterie emorroidarie mediante doppler e la loro legatura a livello della parte bassa del retto.

In genere si esegue la dearterializzazione di 5/7 arterie. In tal modo si riduce l’afflusso di sangue alle emorroidi che, di conseguenza, si riducono. In caso di prolasso mucoemorroidario si associa a una mucoprolassectomia. La dearterializzazione da sola comunque non garantisce la guarigione della patologia.

Prolassectomia con suturatrice meccanica

L’intervento, messo a punto nel 1998, a differenza delle tecniche chirurgiche classiche, ha come scopo la rimozione del prolasso mucoso rettale.

Con questa tecnica (prolassectomia), il tessuto emorroidario non viene assolutamente asportato, ma viene riposizionato nella sua sede fisiologica grazie alla rimozione, per mezzo di una suturatrice meccanica (stapler) del tessuto rettale prolassato. Viene praticata cioè una cosiddetta “anopessi meccanica” (Stapled Haemorrhoidopexy). Con tale metodica si riduce anche l’apporto vascolare ai cuscinetti emorroidari.

La cura della malattia emorroidaria con stapler è diventata, negli ultimi anni, l’intervento di scelta per le emorroidi di II grado avanzato, di III e IV grado e per i prolassi della mucosa rettale.

La terapia chirurgica consiste nell’effettuare un "lifting” del canale anale, mediante l’aiuto di una suturatrice meccanica, capace di asportare la mucosa rettale ed emorroidaria prolassata e ricreare un canale anale con anatomia normale.


Dal momento che la sutura è interna al canale anale, in zone molto poco innervate, dal punto di vista dolorifico i fastidi, nei giorni seguenti l’operazione, sono molto ridotti.
L’intervento viene effettuato normalmente in anestesia locale con sedazione, ma può essere eseguito con tutti i tipi di anestesia, dalla spinale alla generale.

Nonostante questi vantaggi, questa terapia chirurgica è ancora gravata da una percentuale di recidive più elevata rispetto all’emorroidectomia tradizionale (8-9% vs 1-2%), soprattutto a lungo termine e nei pazienti affetti da malattia emorroidaria associata a un grosso prolasso rettale interno.

Questa maggior frequenza di recidive dipende, essenzialmente, dall’incompleta asportazione del prolasso rettale associato alle emorroidi, con un rischio complessivo di malattia residua o ricomparsa di malattia emorroidaria intorno al 20%.

Questi rischi non mettono in discussione il concetto di questa metodica ma dipendono, essenzialmente, dai limiti di asportazione imposti dalla maggior parte delle suturatrici inizialmente disponibili sul mercato.

Per ovviare a questi limiti sono state valutate nuove evoluzioni di questa terapia chirurgica per le emorroidi.

Prolassectomia con suturatrice meccanica circolare ad alto volume di nuova generazione

Per superare i limiti della prolassectomia semplice con stapler, inizialmente è stata valutata l’efficacia di un intervento chirurgico un po’ più invasivo, la cosiddetta STARR (Stapled Trans-Anal Rectal Resection), che comporta l’utilizzo di due suturatrici per asportare due semilune di parete rettale. In pratica una sorta di escamotage chirurgico per aggirare il limite tecnico delle suturatrici meccaniche tradizionali.

Grazie alla STARR, la recidiva emorroidaria è stata ridotta proprio in quei pazienti portatori di grosso prolasso interno destinati, in un caso su tre, a una recidiva emorroidaria dopo l’intervento con suturatrice tradizionale.
L’intervento è, tuttavia, relativamente più complesso e comporta talora maggiori complicazioni. Da qui è nata l’esigenza di suturatrici di nuova concezione - con caratteristiche migliorative (maggior volume asportato, trasparenza del dispositivo e migliore emostasi), come la suturatrice meccanica circolare ad alto volume. Quest’ultima rappresenta un importante progresso tecnologico nella terapia chirurgica delle emorroidi e dei disturbi di defecazione ostruita conseguenti al prolasso rettale.

Grazie a questa nuova tecnologia è oggi possibile, pur non modificando le procedure chirurgiche diffuse e standardizzate, ottenere risultati più efficaci per il paziente durante la fase operatoria:

  • possibilità di asportare maggior quantità di tessuto prolassato in virtù della migliore visibilità per il chirurgo, data dalla trasparenza della testa del dispositivo,
  • migliore emostasi (minor sanguinamento), grazie al sistema di sutura, che presenta un maggior numero di punti, ma di dimensioni più ridotte, rispetto agli stapler precedenti.

risultati sono quindi migliori anche dal punto di vista clinico:

  • il maggior volume di tessuto asportato consente, infatti, di trattare in modo più completo tutti i gradi di malattia senza pericolo di lasciare residui.

Questa nuova tecnica è eseguita in Italia presso strutture ospedaliere specializzate.